Requisiti per l’efficacia della clausola di scelta del foro

13 Marzo 2018

  • Italia
  • Diritto internazionale

Nel diritto italiano, le parti di un contratto, entrambe imprese private, sono generalmente libere di concordare il foro territorialmente competente per eventuali controversie che da quel contratto dovessero derivare.

Tuttavia, seppure queste clausole siano valide, la loro efficacia può essere limitata da alcuni requisiti formali, di cui è bene tenere conto.

Curiosamente, questi limiti di efficacia sono spesso maggiori quando le due imprese parti del contratto hanno entrambe sede in Italia, minori quando una di esse ha sede all’estero, in particolare nell’UE.

Ciononostante, nell’attuale incertezza giurisprudenziale, è giustificabile un approccio prudente nella redazione dei contratti.

Foro esclusivo o non esclusivo?

Osserviamo ad esempio questa clausola in un contratto commerciale fra due imprese private: Foro competente – Per ogni controversia è competente il foro di Milano“.

Questa clausola, che pure non sembrerebbe suscitare alcun dubbio, in realtà è stata di recente ritenuta dalla Corte di Cassazione non efficace sotto il particolare punto di vista della non esclusività (Cass. Civ., ordinanza n. 1838 del 25.1.2018).

Nella fattispecie, una società italiana, che aveva fatto firmare al proprio partner (anch’esso società italiana) delle condizioni generali di contratto contenenti proprio la clausola di cui sopra, si era poi vista notificare un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Siena, al quale si era rivolto il partner nonostante la clausola contrattuale sottoscritta. La società in questione non è dunque riuscita a far valere come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo la mancanza di competenza territoriale del Tribunale di Siena, non potendo contare sulla clausola delle proprie condizioni generali in quanto queste non stabilivano espressamente il foro di Milano come “esclusivo”.

Pertanto, a opinione della nostra Suprema Corte (in realtà, allineatasi a una propria precedente giurisprudenza costante) la clausola per sortire l’effetto voluto avrebbe dovuto stabilire: “Per ogni controversia è esclusivamente competente il Foro di Milano.”

Si noti però che quelle stesse condizioni generali di contratto, se fatte sottoscrivere a una società con sede in un altro Paese membro UE diverso dall’Italia (ad es. la Francia) con tutta probabilità riuscirebbero nell’intento di impedire un’azione in giudizio in Francia per opera della controparte francese, anche in mancanza dell’espressa indicazione dell’esclusività.

Questo perché l’art. 25 del Regolamento UE n.1215/2012 stabilisce espressamente che la clausola di “proroga di competenza” “è esclusiva salvo diverso accordo fra le parti”. E questo è ben riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione italiana (cfr. ad es. la sentenza n. 3624 dell’8.3.2012).

Ora, cosa accadrebbe se la controparte della nostra società di Milano fosse una società di un Paese terzo rispetto all’UE e non legata all’Italia da simili accordi internazionali? Ad esempio, una società statunitense? La clausola “Per ogni controversia è competente il Foro di Milano” potrebbe considerarsi come esclusiva oppure no, dal punto di vista del giudice italiano?

L’art. 6 del Regolamento 1215/2012 dovrebbe condurre il giudice italiano a interpretare la clausola in questione come esclusiva applicando l’art. 25 del Regolamento stesso. Tuttavia, in casi simili, la giurisprudenza italiana in passato ha mostrato di considerare simili clausole come non esclusive applicando le norme interne di diritto internazionale privato (art. 4 della L.218/95) ed interpretandole in linea con l’art. 29 secondo comma c.p.c. (cfr. ad es. Trib. Milano, 11.12.1997). Con la conseguenza, ad esempio, che se nel nostro caso la società statunitense a dispetto della clausola in questione agisca in giudizio nel proprio Paese, la sentenza emessa in quest’ultimo potrebbe essere riconosciuta in Italia.

A queste ed altre problematiche dovrebbe ovviare la Convenzione dell’Aja del 30.6.2005 sugli accordi di scelta del foro, la quale prevede (come il Regolamento europeo) l’esclusività del foro prescelto salvo espresso patto contrario. Questa Convenzione, tuttavia, risulta però al momento in vigore in un numero molto limitato di Paesi (Unione Europea, Messico, Singapore).

In questa situazione di incertezza, l’approccio più prudente secondo il diritto italiano, se si vuole un foro esclusivo efficace a prescindere dalla sede della controparte, è certamente quello di specificare l’esclusività nella clausola.

“Sottoscrizione specifica” delle clausole vessatorie (art. 1341 del codice civile)

Un altro requisito che nel diritto italiano condiziona l’efficacia delle clausole di scelta del foro competente, consiste nella “specifica approvazione” di tali clausole se contenute in condizioni generali di contratto. L’art. 1341, secondo comma, del Codice Civile, sanziona come inefficaci determinate categorie di clausole considerate “vessatorie”, ove contenute in condizioni generali di contratto, se non “specificamente approvate” per iscritto. Tra queste “clausole vessatorie” rientrano anche le clausole arbitrali e quelle di scelta del foro competente che siano favorevoli alla parte che predispone le condizioni generali.

Secondo giurisprudenza costante della Suprema Corte, dal lato pratico la “specifica approvazione” si effettua apponendo sul contratto una seconda firma, che dev’essere autonoma e separata rispetto a quella che normalmente si appone per accettare il contratto nel suo complesso, e deve riferirsi espressamente alle singole clausole vessatorie, di cui si devono riportare il numero e il titolo.

Il requisito dell’approvazione specifica delle clausole di deroga del foro vale tuttavia solo nei rapporti contrattuali fra parti entrambe italiane, non nei contratti internazionali.

In particolare, laddove si applichi il Regolamento UE 1215/2012, si guarda ai requisiti formali meno stringenti previsti dall’art. 25 anche nel caso in cui la clausola sia contenuta in condizioni generali di contratto. In questo caso, sarà necessario e sufficiente che nel contratto firmato dalle parti sia contenuto un richiamo espresso alle condizioni generali contenenti la clausola (cfr. ad es. Cass. Sez. Un. 6.4.2017 n.8895). Mentre, nel caso di condizioni generali di un contratto di vendita concluso elettronicamente, l’accettazione della clausola del foro (sempre in applicazione dei Regolamenti europei) potrà anche essere sufficientemente espressa mediante un “clic” (cfr. CGUE sentenza n.322 del 21.5.2015).

Anche applicando le norme interne di diritto internazionale privato (art. 4 L.218/95), quindi essenzialmente nei rapporti con parti di Paesi non UE (o SEE/EFTA), il requisito della “sottoscrizione specifica” per le clausole di giurisdizione è da escludersi, sia perché non previsto dall’art. 4, sia in via interpretativa (si veda Corte Costituzionale 18/10/2000, n. 428).

Ciò detto, però, non è stato ancora definitivamente chiarito se il requisito della “specifica approvazione” di cui all’art. 1341 del Codice Civile debba o meno applicarsi anche nei contratti internazionali (se regolati dal diritto italiano) per rendere efficaci le altre clausole considerate dalla norma come “vessatorie”, come ad esempio le clausole di limitazione/esclusione della responsabilità.

Pertanto, è ancora molto diffusa in Italia la prassi di redigere condizioni generali di contratto, anche per l’estero, prevedendo la seconda firma per approvazione specifica delle clausole vessatorie.

Tutto questo, in attesa di un’auspicata evoluzione della giurisprudenza italiana in un’ottica più moderna ed internazionale.

The Italian Court of Cassation, United Sections (judgement no. 24244 of 27 November 2015), recently issued a judgement on the applicability of article 5 no. 1 of the Brussels I Regulation on the jurisdiction, recognition and enforcement of judgements in civil and commercial matters, now corresponding to article 7 no. 1 of the Regulation 1215/2012 (Brussels I bis).

The above-referenced provision sets a special forum in matters relating to a contract, providing for the competence of the courts located in the place of performance of the obligation in question. According to letter b) of this provision, in case of the sale of goods, the place of performance of the obligation in question shall be the place in a Member State where, under the contract, the goods were delivered or should have been delivered.

In the case brought before the Court of Cassation, an Italian company – while objecting the claim of a French company regarding the conclusion of some sale agreements that the latter stated to have entered into with the first one – asked for a declaratory judgement stating the inexistence of any contractual obligation between the parties, and, alternatively, for a declaration that the alleged agreements were null and void.

First of all, the Court of Cassation asserted the applicability of article 5, letter b) of the Brussels I Regulation to the case de quo.

Albeit recognizing that the abovementioned provision seems to refer only to actions addressed to the performance of a contract and not to actions regarding the dissolution of a contractual obligation, the Italian Supreme Court has considered that also claims aiming at ascertaining the inexistence, invalidity or ineffectiveness of an agreement concern matters relating to a contract. More precisely, the Supreme Court has held that such claims involve an initial, actual or alleged, voluntary assumption of an obligation, of which they tend, in several ways, to default. In the light of this assumption and considering that the delivery of the goods was supposed to take place in France (according to the contractual documents evidenced during the proceedings), the Court of Cassation has found that Italian Courts were lacking jurisdiction over the case, thus confirming the judgement previously issued by the Court of Appeal.

The judgement of the Italian United Sections is important because it has definitively confirmed, consistently with the European uniform trend, that the place of delivery is the only autonomous linking factor to be applied to all claims grounded on contracts for the sale of goods and not only to claims based on the non-performance of the delivery obligation itself.

The author of this article is Silvia Petruzzino.

A crucial clause in international contracts is the one which deals with litigation.

My advice, since we have seen that negotiation can be pretty long, complicated, and, exhausting, is that such clauses should not be the last to be dealt with, often times late at night when parties are exhausted, but the among the first.

Generally parties argue at length on such clauses, because neither party is willing to give up on its national jurisdiction for different reasons, foremost of all the fear that foreign judges would not be impartial and treat with favor the local part.

This deadlock often leads to bad compromises, like choosing the judge of a third state or combining the jurisdiction of one state with the application of the law of the other, which is definitely not recommended.

There is no one-fits-all solution to offer here: the advice is that such clauses should be tailor made on a case by case basis, and that the choice of a state court or arbitration should be expressed taking into account where the final decision shall be enforced.

If we foresee that our client may seek payment of a price or claim damages for breach of contract, ‘where is the money’ or ‘where are the assets’ should be the driving factor, and the choice of jurisdiction should be made accordingly.

If there is no such concern, and litigation may be foreseen only or mostly in a defensive scenario, then the proximity to the money or assets is no more a priority, and other options can be evaluated: in that case, the choice of a Judge in a far away country can be the best option, as it is a strong deterrent for litigation.

When battling for a clause with domestic jurisdiction, however, one should keep in mind that the process of recognition of a foreign decision is generally a rather complicated and lengthy process, even if (as is the case of Italy and China), there is a bilateral treaty for mutual recognition of judicial decisions (but very few cases have been recognized and enforced in China thereafter); it should also be kept in mind that all documents filed with the application for recognition of the foreign decision need to be translated into mandarin, notarized and legalized, which in complex litigations can represent an unforeseen additional high cost.

In other cases, like in the USA, where there is no bilateral treaty in this field, to litigate abroad often means that the foreign decision will be almost useless, with the necessity to sue again in China to seek enforcement of the decision.

Arbitration can be a valid alternative, as China is a member of the New York Convention of 1958 and enforcement of an arbitral award is in most cases easier and faster than the process of recognition of a foreign court decision.

Christian Montana

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    Null contract of international sale of goods. Which Jurisdiction?

    11 Luglio 2016

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    • Contratti
    • Commercio internazionale

    Nel diritto italiano, le parti di un contratto, entrambe imprese private, sono generalmente libere di concordare il foro territorialmente competente per eventuali controversie che da quel contratto dovessero derivare.

    Tuttavia, seppure queste clausole siano valide, la loro efficacia può essere limitata da alcuni requisiti formali, di cui è bene tenere conto.

    Curiosamente, questi limiti di efficacia sono spesso maggiori quando le due imprese parti del contratto hanno entrambe sede in Italia, minori quando una di esse ha sede all’estero, in particolare nell’UE.

    Ciononostante, nell’attuale incertezza giurisprudenziale, è giustificabile un approccio prudente nella redazione dei contratti.

    Foro esclusivo o non esclusivo?

    Osserviamo ad esempio questa clausola in un contratto commerciale fra due imprese private: Foro competente – Per ogni controversia è competente il foro di Milano“.

    Questa clausola, che pure non sembrerebbe suscitare alcun dubbio, in realtà è stata di recente ritenuta dalla Corte di Cassazione non efficace sotto il particolare punto di vista della non esclusività (Cass. Civ., ordinanza n. 1838 del 25.1.2018).

    Nella fattispecie, una società italiana, che aveva fatto firmare al proprio partner (anch’esso società italiana) delle condizioni generali di contratto contenenti proprio la clausola di cui sopra, si era poi vista notificare un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Siena, al quale si era rivolto il partner nonostante la clausola contrattuale sottoscritta. La società in questione non è dunque riuscita a far valere come motivo di opposizione al decreto ingiuntivo la mancanza di competenza territoriale del Tribunale di Siena, non potendo contare sulla clausola delle proprie condizioni generali in quanto queste non stabilivano espressamente il foro di Milano come “esclusivo”.

    Pertanto, a opinione della nostra Suprema Corte (in realtà, allineatasi a una propria precedente giurisprudenza costante) la clausola per sortire l’effetto voluto avrebbe dovuto stabilire: “Per ogni controversia è esclusivamente competente il Foro di Milano.”

    Si noti però che quelle stesse condizioni generali di contratto, se fatte sottoscrivere a una società con sede in un altro Paese membro UE diverso dall’Italia (ad es. la Francia) con tutta probabilità riuscirebbero nell’intento di impedire un’azione in giudizio in Francia per opera della controparte francese, anche in mancanza dell’espressa indicazione dell’esclusività.

    Questo perché l’art. 25 del Regolamento UE n.1215/2012 stabilisce espressamente che la clausola di “proroga di competenza” “è esclusiva salvo diverso accordo fra le parti”. E questo è ben riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione italiana (cfr. ad es. la sentenza n. 3624 dell’8.3.2012).

    Ora, cosa accadrebbe se la controparte della nostra società di Milano fosse una società di un Paese terzo rispetto all’UE e non legata all’Italia da simili accordi internazionali? Ad esempio, una società statunitense? La clausola “Per ogni controversia è competente il Foro di Milano” potrebbe considerarsi come esclusiva oppure no, dal punto di vista del giudice italiano?

    L’art. 6 del Regolamento 1215/2012 dovrebbe condurre il giudice italiano a interpretare la clausola in questione come esclusiva applicando l’art. 25 del Regolamento stesso. Tuttavia, in casi simili, la giurisprudenza italiana in passato ha mostrato di considerare simili clausole come non esclusive applicando le norme interne di diritto internazionale privato (art. 4 della L.218/95) ed interpretandole in linea con l’art. 29 secondo comma c.p.c. (cfr. ad es. Trib. Milano, 11.12.1997). Con la conseguenza, ad esempio, che se nel nostro caso la società statunitense a dispetto della clausola in questione agisca in giudizio nel proprio Paese, la sentenza emessa in quest’ultimo potrebbe essere riconosciuta in Italia.

    A queste ed altre problematiche dovrebbe ovviare la Convenzione dell’Aja del 30.6.2005 sugli accordi di scelta del foro, la quale prevede (come il Regolamento europeo) l’esclusività del foro prescelto salvo espresso patto contrario. Questa Convenzione, tuttavia, risulta però al momento in vigore in un numero molto limitato di Paesi (Unione Europea, Messico, Singapore).

    In questa situazione di incertezza, l’approccio più prudente secondo il diritto italiano, se si vuole un foro esclusivo efficace a prescindere dalla sede della controparte, è certamente quello di specificare l’esclusività nella clausola.

    “Sottoscrizione specifica” delle clausole vessatorie (art. 1341 del codice civile)

    Un altro requisito che nel diritto italiano condiziona l’efficacia delle clausole di scelta del foro competente, consiste nella “specifica approvazione” di tali clausole se contenute in condizioni generali di contratto. L’art. 1341, secondo comma, del Codice Civile, sanziona come inefficaci determinate categorie di clausole considerate “vessatorie”, ove contenute in condizioni generali di contratto, se non “specificamente approvate” per iscritto. Tra queste “clausole vessatorie” rientrano anche le clausole arbitrali e quelle di scelta del foro competente che siano favorevoli alla parte che predispone le condizioni generali.

    Secondo giurisprudenza costante della Suprema Corte, dal lato pratico la “specifica approvazione” si effettua apponendo sul contratto una seconda firma, che dev’essere autonoma e separata rispetto a quella che normalmente si appone per accettare il contratto nel suo complesso, e deve riferirsi espressamente alle singole clausole vessatorie, di cui si devono riportare il numero e il titolo.

    Il requisito dell’approvazione specifica delle clausole di deroga del foro vale tuttavia solo nei rapporti contrattuali fra parti entrambe italiane, non nei contratti internazionali.

    In particolare, laddove si applichi il Regolamento UE 1215/2012, si guarda ai requisiti formali meno stringenti previsti dall’art. 25 anche nel caso in cui la clausola sia contenuta in condizioni generali di contratto. In questo caso, sarà necessario e sufficiente che nel contratto firmato dalle parti sia contenuto un richiamo espresso alle condizioni generali contenenti la clausola (cfr. ad es. Cass. Sez. Un. 6.4.2017 n.8895). Mentre, nel caso di condizioni generali di un contratto di vendita concluso elettronicamente, l’accettazione della clausola del foro (sempre in applicazione dei Regolamenti europei) potrà anche essere sufficientemente espressa mediante un “clic” (cfr. CGUE sentenza n.322 del 21.5.2015).

    Anche applicando le norme interne di diritto internazionale privato (art. 4 L.218/95), quindi essenzialmente nei rapporti con parti di Paesi non UE (o SEE/EFTA), il requisito della “sottoscrizione specifica” per le clausole di giurisdizione è da escludersi, sia perché non previsto dall’art. 4, sia in via interpretativa (si veda Corte Costituzionale 18/10/2000, n. 428).

    Ciò detto, però, non è stato ancora definitivamente chiarito se il requisito della “specifica approvazione” di cui all’art. 1341 del Codice Civile debba o meno applicarsi anche nei contratti internazionali (se regolati dal diritto italiano) per rendere efficaci le altre clausole considerate dalla norma come “vessatorie”, come ad esempio le clausole di limitazione/esclusione della responsabilità.

    Pertanto, è ancora molto diffusa in Italia la prassi di redigere condizioni generali di contratto, anche per l’estero, prevedendo la seconda firma per approvazione specifica delle clausole vessatorie.

    Tutto questo, in attesa di un’auspicata evoluzione della giurisprudenza italiana in un’ottica più moderna ed internazionale.

    The Italian Court of Cassation, United Sections (judgement no. 24244 of 27 November 2015), recently issued a judgement on the applicability of article 5 no. 1 of the Brussels I Regulation on the jurisdiction, recognition and enforcement of judgements in civil and commercial matters, now corresponding to article 7 no. 1 of the Regulation 1215/2012 (Brussels I bis).

    The above-referenced provision sets a special forum in matters relating to a contract, providing for the competence of the courts located in the place of performance of the obligation in question. According to letter b) of this provision, in case of the sale of goods, the place of performance of the obligation in question shall be the place in a Member State where, under the contract, the goods were delivered or should have been delivered.

    In the case brought before the Court of Cassation, an Italian company – while objecting the claim of a French company regarding the conclusion of some sale agreements that the latter stated to have entered into with the first one – asked for a declaratory judgement stating the inexistence of any contractual obligation between the parties, and, alternatively, for a declaration that the alleged agreements were null and void.

    First of all, the Court of Cassation asserted the applicability of article 5, letter b) of the Brussels I Regulation to the case de quo.

    Albeit recognizing that the abovementioned provision seems to refer only to actions addressed to the performance of a contract and not to actions regarding the dissolution of a contractual obligation, the Italian Supreme Court has considered that also claims aiming at ascertaining the inexistence, invalidity or ineffectiveness of an agreement concern matters relating to a contract. More precisely, the Supreme Court has held that such claims involve an initial, actual or alleged, voluntary assumption of an obligation, of which they tend, in several ways, to default. In the light of this assumption and considering that the delivery of the goods was supposed to take place in France (according to the contractual documents evidenced during the proceedings), the Court of Cassation has found that Italian Courts were lacking jurisdiction over the case, thus confirming the judgement previously issued by the Court of Appeal.

    The judgement of the Italian United Sections is important because it has definitively confirmed, consistently with the European uniform trend, that the place of delivery is the only autonomous linking factor to be applied to all claims grounded on contracts for the sale of goods and not only to claims based on the non-performance of the delivery obligation itself.

    The author of this article is Silvia Petruzzino.

    A crucial clause in international contracts is the one which deals with litigation.

    My advice, since we have seen that negotiation can be pretty long, complicated, and, exhausting, is that such clauses should not be the last to be dealt with, often times late at night when parties are exhausted, but the among the first.

    Generally parties argue at length on such clauses, because neither party is willing to give up on its national jurisdiction for different reasons, foremost of all the fear that foreign judges would not be impartial and treat with favor the local part.

    This deadlock often leads to bad compromises, like choosing the judge of a third state or combining the jurisdiction of one state with the application of the law of the other, which is definitely not recommended.

    There is no one-fits-all solution to offer here: the advice is that such clauses should be tailor made on a case by case basis, and that the choice of a state court or arbitration should be expressed taking into account where the final decision shall be enforced.

    If we foresee that our client may seek payment of a price or claim damages for breach of contract, ‘where is the money’ or ‘where are the assets’ should be the driving factor, and the choice of jurisdiction should be made accordingly.

    If there is no such concern, and litigation may be foreseen only or mostly in a defensive scenario, then the proximity to the money or assets is no more a priority, and other options can be evaluated: in that case, the choice of a Judge in a far away country can be the best option, as it is a strong deterrent for litigation.

    When battling for a clause with domestic jurisdiction, however, one should keep in mind that the process of recognition of a foreign decision is generally a rather complicated and lengthy process, even if (as is the case of Italy and China), there is a bilateral treaty for mutual recognition of judicial decisions (but very few cases have been recognized and enforced in China thereafter); it should also be kept in mind that all documents filed with the application for recognition of the foreign decision need to be translated into mandarin, notarized and legalized, which in complex litigations can represent an unforeseen additional high cost.

    In other cases, like in the USA, where there is no bilateral treaty in this field, to litigate abroad often means that the foreign decision will be almost useless, with the necessity to sue again in China to seek enforcement of the decision.

    Arbitration can be a valid alternative, as China is a member of the New York Convention of 1958 and enforcement of an arbitral award is in most cases easier and faster than the process of recognition of a foreign court decision.